Cari fratelli e sorelle in Cristo, oggi celebriamo la memoria dei santi Andrea Kim Tae-gŏn, sacerdote, e Paolo Chŏng Ha-sang, e dei loro compagni, onorando contemporaneamente non solo la loro valorosa fede ma anche il profondo significato della loro vita e della loro morte. Queste anime coraggiose rappresentano un capitolo cruciale nella storia della Chiesa cattolica in Corea, una narrazione segnata da testimoni fermi della risurrezione di Cristo, che riecheggia i potenti messaggi che riceviamo nelle nostre letture odierne.
Nella prima lettura, tratta dalla lettera di Paolo ai Corinzi (1 Cor 15, 12-20), siamo sfidati ad abbracciare ancora una volta il principio centrale della nostra fede: la risurrezione di nostro Signore Gesù. Paolo dice chiaramente che le nostre convinzioni dipendono da questa verità fondamentale: se Cristo non è risorto, la nostra predicazione è vuota e anche la nostra fede. Senza la risurrezione, siamo lasciati nel buio della disperazione. Ma quanta forza c'è nel riconoscimento della resurrezione di Cristo! Come Lui ha vinto la morte, così anche noi crediamo di avere la speranza della vita eterna.
Andrew Kim Tae-gŏn e Paul Chŏng Ha-sang, insieme ai loro compagni, hanno esemplificato questa speranza attraverso il loro martirio. Nel XIX secolo, in un periodo in cui il cristianesimo affrontava una grave persecuzione in Corea, questi coraggiosi individui dimostrarono una fede incrollabile di fronte al pericolo imminente. Andrew Kim Tae-gŏn è stato il primo sacerdote coreano e ha dedicato la sua vita all'evangelizzazione, attirando molti alla luce di Cristo. Paul Chŏng Ha-sang era un laico e un leader che esortava gli altri ad abbracciare la fede, rischiando la vita per condividere il messaggio liberatorio del Vangelo.
Il loro martirio non fu solo un atto di sfida contro regimi oppressivi; fu una potente testimonianza della loro fede nella risurrezione. Essi comprendevano il peso della loro missione, proprio come Paolo aveva detto ai Corinzi: “Se speriamo in Cristo solo per questa vita, siamo davvero pietosi”. Invece, Andrea e Paolo, insieme ai loro compagni, hanno scelto di guardare oltre i confini dell'esistenza terrena. Sapevano che la loro partecipazione alla risurrezione garantiva loro una speranza che nemmeno la morte avrebbe potuto spegnere.
Nel Vangelo di oggi (Luca 8:1-3), vediamo Gesù in viaggio accompagnato dai suoi discepoli, tra cui donne devote che furono trasformate dal suo potere di guarigione. Esse lo sostennero con le loro risorse, servendo da modello per noi su come la proclamazione del Regno di Dio prospera attraverso l'impegno e il sacrificio. Proprio come queste donne hanno svolto un ruolo integrale nel ministero di Gesù, Andrea, Paolo e i loro compagni martiri hanno plasmato la Chiesa in Corea grazie alla loro fede incrollabile. Sono stati testimoni non solo a parole ma anche nei fatti, dimostrando come vivere la buona novella, anche quando può costarci tutto.
Questa è una chiamata anche per noi oggi. Vivere il Vangelo significa abbracciare la pienezza della nostra fede, compreso il potenziale di sacrificio. Viviamo in un mondo che spesso mette in discussione la risurrezione e attacca tutto ciò che è sacro con mezzi palesi o sottili, in modo da distrarci dalla nostra vocazione. Tuttavia, troviamo nell'esempio dei martiri un incoraggiamento ad approfondire il nostro impegno verso Cristo. Le loro vite ci ricordano che la vera fede non consiste solo nei momenti di gioia, ma anche nel rimanere saldi nelle prove. Che il loro coraggio ci ispiri a essere testimoni coraggiosi nel nostro tempo, proclamando la buona novella di Gesù Cristo mentre ci ri-impegniamo quotidianamente con lui, per intercessione e sotto il patrocinio della nostra Madre. Nostra Signora, Regina di tutti i martiri, prega per noi che ricorriamo a te.
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