Nel Vangelo di oggi, un "giovane ricco" si avvicina a Gesù. Diremmo che ha vissuto una vita onesta, poiché la lettura indica che ha osservato tutti i comandamenti fondamentali, ma non ha mai menzionato la sua cura e attenzione per i poveri. Così Gesù, vedendo il vuoto che ancora affliggeva il cuore di quest'uomo, lo guarda con un amore profondo che gli augura la vita migliore, qui e nell'eternità.
Gesù vede come l'illusione che il denaro sia l'assicurazione di una vita felice possa davvero fuorviare una persona, e quando Gesù offre a questo giovane nel Vangelo l'opportunità di seguirlo, solo che prima avrebbe dovuto vendere tutto ciò che aveva e dare il denaro ai poveri, l'uomo si sentì distrutto. Pensò: "Beh, perché non posso tenermi tutto e seguirti allo stesso modo?". E il punto che Gesù sta facendo è che, aggrappandoci alle cose e rimanendo attaccati alle cose... indeboliremo la nostra determinazione a vivere solo per Lui e a portare molto frutto per il Regno, perché saremo troppo occupati a pensare a noi stessi.
Dio, da Padre amorevole qual è, vuole liberarci da questo e noi, come francescani, siamo in prima linea in questa battaglia per aiutare a salvare le persone da questo tipo di cecità e distruzione. Ma prima dobbiamo concentrarci su noi stessi, a questo proposito.
Nella nostra tradizione francescana, sappiamo che Francesco non voleva che portassimo con noi nemmeno un centesimo. Perché? Era un fanatico seguace di Gesù o solo uno che non voleva aprire la porta alla tentazione e rischiare di mettere a repentaglio la sua bella relazione con Dio in santità e quella dei frati? Francesco non credeva che avremmo potuto fare tanto bene con quel denaro? Certo. Ma conosceva la natura umana. Sapeva che la natura umana non sarebbe cambiata da un uomo che viveva nel dodicesimo secolo a uno che viveva nel ventunesimo... Il denaro avrebbe distolto un frate dal vivere una vita semplice e santa e il suo amore per Gesù si sarebbe affievolito. Dio, quindi, vuole darci un altro tipo di ricchezza.
Oggi che iniziamo anche la prima lettera di San Pietro, i primi tre versetti del primo capitolo non sono inclusi nella lettura, ma in essi lo scrittore ci dice a chi è indirizzata la lettera. Si tratta di cinque province romane dell'Asia Minore, che coprono gran parte dell'odierna Turchia: Ponto, Galazia, Cappadocia, Asia e Bitinia. In realtà, però, Dio ha preso ciò che ha scritto e, come accade per tutte le Scritture, permette allo Spirito Santo di parlare anche a noi, che viviamo nel mondo di oggi. Dopo che Pietro ha iniziato a dirci che nel nostro cammino di fede possiamo avere bisogno di passare attraverso la sofferenza, che è provata, rafforzata e purificata dal fuoco, ma che porta a una gioia e a una consolazione inimmaginabili. Colui che aveva vissuto da testimone oculare il Signore sia nel suo ministero pubblico che nelle sue apparizioni dopo la risurrezione si meraviglia di questi nuovi convertiti cristiani e, in un certo senso, si meraviglia di ognuno di noi quando, riferendosi a Gesù, dice:
"Non l'avete visto, eppure lo amate; e ancora senza vederlo, siete già pieni di una gioia così gloriosa che non si può descrivere, perché credete; e siete sicuri del fine che la vostra fede attende, cioè la salvezza delle vostre anime".
Ecco. Non è il denaro a portare "una gioia così gloriosa che non si può descrivere" nella nostra vita, ma la fede, una relazione d'amore con Dio. Riusciamo a vedere ciò che Francesco ha scoperto e vuole essere la stessa gioia per i suoi fratelli? Riusciamo a capire perché Gesù disse a Santa Marta che c'era solo una cosa necessaria? Questa è la vera ricchezza, e possiamo farla nostra giorno per giorno continuando a camminare umilmente davanti al nostro Padre celeste. Amen.
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