Questa domenica ci troviamo immersi in letture profonde che risuonano con il cuore della nostra fede: l'Eucaristia, il vero pane del cielo. Mi ricordano il profondo amore che san Francesco aveva per il nostro Signore eucaristico, un amore che nasce dall'incontro personale con Cristo e dalle grazie del suo nutrimento per le nostre anime.
Nella prima lettura, tratta dall'Esodo, assistiamo al dramma degli israeliti che attraversano il deserto. Presi dalla paura e dall'incertezza, i loro cuori sono annebbiati dalla nostalgia per i bagni di carne dell'Egitto. Brontolano e si lamentano della loro decisione di seguire Mosè nel deserto, dimenticando l'opprimente schiavitù che si sono lasciati alle spalle. Quando diventiamo troppo dipendenti da cose che alla fine ci fanno male, non importa a quanti miracoli assistiamo, saremo sempre tentati di scegliere e preferire il male al bene a cui Dio ci sta conducendo. Questa è la nostra natura umana decaduta. Quanto è umano desiderare il conforto di fronte alle difficoltà! Eppure, alla loro fame, Dio risponde con la grazia, promettendo un pane dal cielo. Questa manna non è solo un sostentamento fisico, ma è un segno della presenza e della disponibilità di Dio.
Come gli israeliti, anche noi possiamo essere distratti dalle cose deperibili di questo mondo. Il nostro desiderio di conforto può talvolta portarci a brontolare nella nostra vita spirituale. Tuttavia, Dio è sempre pronto a provvedere alle nostre necessità, sia fisiche che spirituali. Il pane del cielo ci indica il dono ultimo: l'Eucaristia. San Francesco lo capì profondamente, riconoscendo che nell'Eucaristia riceviamo Cristo stesso, il pane della vita che nutre le nostre anime e guida il nostro cammino. Quando riceviamo Cristo nella nostra vita, riceviamo contemporaneamente la Luce del Mondo. "Io sono la luce del mondo. Chi segue me, non cammina nelle tenebre", Giovanni 8:12.
Nella sua lettera agli Efesini, San Paolo ci incoraggia ad abbandonare il nostro vecchio io, corrotto da desideri che ci allontanano da Dio. Siamo invece chiamati ad abbracciare il nostro nuovo io, creato nella giustizia e nella santità. Così facendo, ci apriamo al potere trasformativo dell'Eucaristia. Proprio come gli israeliti dovevano raccogliere la manna ogni giorno, anche noi dobbiamo recarci regolarmente all'altare, desiderosi del nutrimento che solo Cristo può fornire.
Passiamo ora al Vangelo di Giovanni, dove vediamo la folla alla ricerca di Gesù dopo il miracoloso pasto dei 5.000. Il loro desiderio di Gesù non deriva dal fatto che la folla sia in cerca di Gesù. Il loro desiderio di Gesù non deriva dalla fede nella sua identità, ma piuttosto dalla fame fisica. Gesù, tuttavia, cerca di elevare la loro comprensione. Li sfida dicendo: "Non lavorate per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura per la vita eterna", Giovanni 6:27. Qui Gesù rivela di non essere un semplice fornitore di pane, ma di essere lui stesso il Pane della Vita, il nostro sostentamento spirituale.
In questa profonda dichiarazione, ci viene ricordato che la vera fame che proviamo trascende quella fisica. È una fame di qualcosa di eterno, un desiderio di comunione con Dio. Gesù ci invita a portare a Lui i nostri desideri, le nostre brame e le nostre lotte, assicurandoci che chi viene a Lui non avrà mai fame né sete. San Francesco lo ha esemplificato nella sua vita: non cercava le comodità di questo mondo, ma la ricchezza dell'intimità divina che si trova nell'Eucaristia.
Come rispondere a questa sfida? In primo luogo, dobbiamo riconoscere la nostra fame, il nostro profondo desiderio di Dio che cerca di essere soddisfatto in tante cose superficiali. Come la folla, dobbiamo riconoscere il desiderio spirituale che esiste in noi. Poi, come San Francesco, dobbiamo coltivare un amore più profondo per l'Eucaristia. Dobbiamo avvicinarci all'altare con riverenza e timore, rendendoci conto che in questo pasto sacro incontriamo il Cristo vivente che desidera unirsi a noi.
Infine, ricordiamo che l'Eucaristia non si limita a ricevere, ma ci chiama in una relazione di amore e di servizio. Avvicinandoci alla comunione, trasformiamoci anche noi in strumenti di quell'amore nel mondo, condividendo il pane della vita con la nostra stessa vita, diventando agenti di speranza, unità e carità. Più ci avviciniamo al nostro Signore eucaristico, più chiaramente saremo in grado di vederlo negli altri. Questa è una lezione che Madre Teresa di Calcutta ha imparato bene. Ogni giorno, con le sue sorelle, adorava il Signore per due ore, nel Signore eucaristico che riposava splendidamente nell'ostensorio davanti a loro, e poi, e solo allora, uscivano per le strade e aiutavano Colui che era nascosto negli altri, soprattutto nei più abbandonati.
Mentre ringraziamo Dio Onnipotente per il tesoro più grande di tutti i tesori in questa Eucaristia oggi, possiamo essere riempiti del profondo amore che San Francesco aveva per il nostro Signore Eucaristico. Riconosciamolo nello spezzare il pane e riconosciamolo anche in tutti i suoi figli in cui abita. "Avevo fame e mi hai dato da mangiare. Avevo sete e mi avete dato da bere. Ero in prigione e mi avete visitato". Che anche a noi sia data la visione spirituale per vedere oltre il velo della carne e riconoscere che abbiamo a che fare con una persona intera, anima e corpo, la cui sacralità è pienamente conosciuta solo da Dio.
Ricordiamo che Gesù non ci ha dato l'Eucaristia per riempire i nostri corpi, come fece quando moltiplicò i pani e i pesci per il popolo. Piuttosto, ci dà l'Eucaristia per dare nutrimento alle nostre anime e per adornarci con il dono della vita eterna.
Per intercessione di Nostra Signora, perfetta adoratrice del Santissimo Sacramento, possiamo anche noi ottenere il dono della preghiera e un cuore cristico per servire ed essere di aiuto agli altri. Nostra Signora, Regina degli Adoratori, prega per noi che ricorriamo a Te.
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