Nella prima lettura, tratta dal Libro dell'Ecclesiastico, abbiamo quello che gli studiosi ritengono essere un elogio o un inno al profeta Elia, in cui si elogiano le sue gesta e i suoi successi. Il linguaggio è ricco e vivace, con molte metafore e allusioni a storie bibliche.
Il poema mette in evidenza le straordinarie capacità e realizzazioni di Elia, come portare la carestia e la distruzione sul popolo, chiudere i cieli e resuscitare i morti, ma sempre come un sottoprodotto della potenza di Dio, la fonte ultima di tutto il magnifico potere che si è degnato di esercitare attraverso il suo profeta.
Inoltre, sottolinea il suo ruolo di mediatore tra Dio e l'umanità, ungendo re e profeti e rivolgendo il cuore dei padri verso i figli. Vediamo questo tipo di mediazione anche in personaggi come Mosè e Abramo e, naturalmente, nell'unico vero mediatore tra Dio e l'uomo, nostro Signore Gesù, lui stesso Dio onnipotente da tutta l'eternità.
Il poema si conclude lodando il successore di Elia, Eliseo, che fu riempito dello spirito di Elia e continuò la sua opera. I versi finali sottolineano l'eredità duratura di Elia, le cui opere non solo furono notevoli durante la sua vita, ma continuarono a essere meravigliose anche dopo la sua morte, ancora una volta, un perfetto precursore del Signore che sarebbe risorto dalla morte e avrebbe operato meraviglie nella Chiesa inviando lo Spirito Santo.
Il ruolo di Elia come profeta, sacerdote e mediatore era un dono molto apprezzato agli occhi del suo popolo, ma ha la sua fonte ultima in Gesù, il Re e Signore del tempo e dell'universo.
Nel Vangelo, nostro Signore rivela ai suoi discepoli come devono pregare e in questa preghiera abbiamo un collegamento anche con la prima lettura.
La frase "Padre nostro" riecheggia nel poema dell'Ecclesiastico, dove Dio è descritto come "l'Altissimo" e "il Signore" (in ebraico: יְהוָה, YHWH). Il poema si rivolge a Dio come figura paterna, enfatizzando l'idea di Dio come Padre amorevole e misericordioso.
Il verso "per rivolgere il cuore dei padri verso i figli" ricorda la frase "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori" del Padre Nostro. Questa frase può essere vista come un'allusione all'idea del perdono e della riconciliazione familiare, che è centrale sia nella tradizione ebraica che in quella cristiana, ma che per quest'ultima si estende a tutti gli uomini e a tutte le donne, a prescindere dal fatto che siano o meno parenti stretti.
Infine, il tema ovviamente più importante della nostra lettura del Vangelo è la preghiera stessa alla luce del nostro rapporto con Dio come "Padre".
Il Padre Nostro è una preghiera bellissima e iconica che viene recitata dai cristiani da secoli. Alcune delle sue belle caratteristiche sono: l'uso di un linguaggio semplice e quotidiano, facile da capire, che lo rende accessibile a persone di tutte le età e culture; non è solo una parte essenziale dei Vangeli, ma i suoi elementi sono tratti da altre parti della Sacra Scrittura. Gesù era molto scritturale, il che è un eufemismo, dato che è il Verbo stesso che si è fatto carne, come scrive magnificamente San Giovanni all'inizio del suo Vangelo.
Poiché proviene da Colui che è la Bellezza assoluta stessa, il Padre Nostro ha una bellezza poetica nel suo linguaggio e nella sua struttura che trascende qualsiasi altra cosa si possa pronunciare a Dio, rendendolo una gioia da pregare e recitare. Ma deve venire dal nostro cuore. Dobbiamo fare attenzione a non balbettare lunghe stringhe di parole per essere ascoltati da Dio, ma a non cadere in un monotono balbettio del Padre Nostro stesso. Quando preghiamo i nostri rosari, c'è sempre spazio per migliorare, la nostra attenzione, la nostra passione, la nostra immaginazione, la nostra meditazione, la nostra riverenza... c'è sempre spazio per crescere.
Che il buon Dio vi benedica, dunque, con il suo nutrimento e la sua grazia, per intercessione della nostra Beata Madre e nella forza dello Spirito Santo, a gloria di Dio Padre, benedetto per sempre, lodato per sempre. Amen.
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