Cari fratelli e sorelle in Cristo, oggi, mentre ci riuniamo per riflettere sulla vita e sugli insegnamenti di Sant'Ignazio di Antiochia, ci troviamo arricchiti da due letture forti: una dalla lettera di San Paolo agli Efesini e l'altra dal Vangelo di Luca. Entrambe ci invitano a una comprensione più profonda della nostra fede e alla chiamata a testimoniarla con coraggio, proprio come l'esempio dato da sant'Ignazio.
Sant'Ignazio, vescovo e martire della Chiesa, ha vissuto in prima persona le sfide della fede in un'epoca in cui il cristianesimo era sottoposto a gravi persecuzioni. Le sue lettere, scritte durante il suo viaggio verso il martirio, rivelano un profondo impegno verso Gesù Cristo e l'incrollabile fede nella comunità dei credenti. La lettera di Paolo agli Efesini fa eco a questo sentimento quando descrive le benedizioni che abbiamo ricevuto in Cristo, sottolineando che siamo scelti e destinati alla santità. Sant'Ignazio ha abbracciato interamente questa identità, considerandosi parte del corpo mistico di Cristo ed esortando i suoi seguaci a rimanere uniti nella fede e nell'amore.
“Benedetto sia il Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo”, scrive Paolo, sottolineando la nostra adozione come figli di Dio. Ignazio ha vissuto questa verità in modo vivido. Nelle sue lettere, vediamo il suo desiderio di unità tra i cristiani, il suo profondo amore per la Chiesa e la sua disponibilità ad affrontare la sofferenza come mezzo per glorificare Dio.
Si ritiene che sia morto intorno al 107 d.C., anche se la data esatta e le circostanze della sua morte non sono note con certezza. Secondo la tradizione paleocristiana, fu martirizzato a Roma. Si pensa comunemente che sia stato gettato in pasto alle belve nel Colosseo nell'ambito di una serie di persecuzioni contro i cristiani durante il regno dell'imperatore Traiano. I suoi scritti indicano un forte impegno nella fede e la volontà di affrontare il martirio, che lo hanno reso una figura significativa nella storia cristiana.
Prima di entrare nel colosseo per essere divorato dai leoni, affermò notoriamente: “Sono il grano di Cristo e vengo macinato dai denti delle bestie selvatiche, affinché possa dimostrare di essere il pane puro di Cristo”. Qui, siamo testimoni della sua comprensione della sofferenza come percorso verso la santità - qualcosa che illumina le parole di Paolo per ricordare che siamo stati scelti per essere “santi e senza macchia” - ma è anche un seme, come il sangue di tutti i martiri, che, caduto nella terra e morto a se stesso, rimpolpa e porta vitalità alla vita della Chiesa.
Inoltre, la posizione risoluta di Ignazio contro i falsi insegnamenti è significativa. Essa rispecchia i severi avvertimenti che Gesù lancia nella lettura del Vangelo di oggi. “Guai a voi che costruite i memoriali dei profeti che i vostri padri hanno ucciso”, rimprovera Gesù ai leader religiosi corrotti e ostinatamente peccatori del suo tempo. Questo richiamo alla responsabilità ci ricorda che anche noi dobbiamo vigilare contro l'autocompiacimento nella nostra fede. Ignazio affrontò detrattori ed eretici, ma non si tirò indietro nel proclamare la verità. Esortava i fedeli ad aderire agli insegnamenti degli Apostoli e a resistere a qualsiasi insegnamento che li allontanasse dalla verità del Vangelo.
Riflettendo sulla vita di Ignazio, siamo chiamati a chiederci: Che cosa significa essere veramente fedeli? Cosa significa testimoniare l'amore di Cristo in un mondo che ci sfida quotidianamente? Ignazio ci insegna che la nostra fede non deve essere un'eredità passiva, ma un impegno attivo che potrebbe richiedere di correre dei rischi, di parlare con coraggio e di incarnare gli insegnamenti di Cristo.
In un'epoca in cui prevalgono la divisione e lo scetticismo, ci viene ricordato che facciamo parte di qualcosa di molto più grande: una comunità di credenti chiamata a costruire il corpo di Cristo e che, come lui è “la verità, la via e la vita”, così anche il suo corpo mistico, la Chiesa, deve essere fondato sulla verità che ci ha trasmesso. Il mistero della sua volontà di cui parla Paolo ci invita a far parte di questo piano divino; non siamo solo osservatori passivi, ma partecipanti attivi alla missione di Cristo.
Mentre celebriamo la vita di Sant'Ignazio di Antiochia, preghiamo per avere la grazia di vivere il nostro impegno verso Cristo con lo stesso fervore e coraggio. Cerchiamo di consolidare la nostra fede in Cristo approfondendo il nostro impegno con la Chiesa e i sacramenti, proprio come Ignazio esortava le sue comunità a fare. Resistiamo alla tentazione di diventare compiacenti o di costruire monumenti al passato ignorando la chiamata di Dio per il presente.
Per concludere, ricordiamo che siamo chiamati a essere santi, a essere senza macchia e a essere testimoni dell'amore e della verità di Cristo. Anche se non abbiamo il privilegio di dare la vita come martiri, abbiamo l'opportunità di praticare ogni giorno la morte a noi stessi, attraverso la preghiera, il digiuno e l'elemosina. Ognuno di noi preghi per avere il coraggio e la generosità di dare continuamente la vita per la Chiesa, cioè per tutti i fedeli di Cristo, perché così facendo diamo la vita per Cristo.
Per intercessione della nostra Beata Madre, la Regina dei Martiri, e di Sant'Ignazio di Antiochia, il buon Dio vi benedica ora e sempre e vi dia il coraggio di combattere la buona battaglia: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.
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