Oggi ci vengono presentate due letture profonde che risuonano profondamente con le prove e le tribolazioni che vediamo svolgersi nel nostro mondo odierno. Nelle parole del profeta Geremia e negli insegnamenti di Gesù nel Vangelo di Matteo, troviamo non solo un riflesso della nostra realtà attuale, ma anche una pietra miliare per la speranza e la redenzione.
Il lamento di Geremia cattura l'essenza del dolore in mezzo al caos e alla distruzione. Egli parla delle sue lacrime che scorrono senza fine per la sofferenza del suo popolo. "I miei occhi scorrono di lacrime giorno e notte, senza sosta", grida, evidenziando un dolore insopportabile per coloro che sono consumati dalla violenza e dalla fame. Queste parole riecheggiano le tragedie di cui siamo testimoni nei titoli dei giornali di oggi: conflitti armati, disastri naturali o il senso di disperazione diffuso causato dalla povertà e dalla disuguaglianza. Potremmo chiederci: "Che cosa abbiamo fatto, Signore, per meritare tali difficoltà e sofferenze?".
Geremia non rifugge dal riconoscere la malvagità e la colpa del suo popolo. Riconosce le colpe che contribuiscono alla loro condizione e li solleva in preghiera, cercando la misericordia di Dio. Nella nostra epoca attuale, quanto spesso riflettiamo sulle nostre azioni collettive? Quanto spesso consideriamo come i sistemi a cui partecipiamo possano seminare ingiustizia, difficoltà e divisione?
Nel frattempo, il Vangelo di Matteo ci presenta la parabola delle erbacce nel campo. Gesù spiega che il mondo è un campo misto, dove coesistono il bene e il male, e che il Figlio dell'uomo - il seminatore di buon seme - un giorno separerà il grano dalla gramigna. L'immagine è impressionante: proprio come il grano e la gramigna vengono lasciati crescere insieme fino al raccolto, anche noi ci troviamo a navigare in un mondo pieno di contrasti. Vediamo atti di gentilezza e generosità accanto a violenza e odio. È facile sentirsi sopraffatti dalle erbacce della disperazione che oscurano il bene che vogliamo coltivare.
Nella nostra realtà attuale, caratterizzata da divisioni e conflitti, dobbiamo rimanere vigili. Le erbacce del male, alimentate dalla paura e dall'odio o dall'indifferenza, possono rapidamente superare la nostra volontà di seminare semi di compassione e comprensione. Può essere una tentazione arrendersi al cinismo, ma oggi vi esorto a ricordare che la nostra chiamata è quella di essere il seme buono in un campo tumultuoso.
Come discepoli, siamo chiamati a coltivare il terreno dei nostri cuori e delle nostre comunità. La questione non è solo come percepiamo le erbacce, ma come ci impegniamo attivamente con ciò che ci circonda. Ci siederemo a lamentarci delle nostre difficoltà o assumeremo il mantello di seminatori? Saremo incoraggiatori di giustizia, pace e amore in un mondo che spesso sembra sopraffatto dalla negatività?
Ricordate, cari amici: ognuno di noi ha un ruolo da svolgere. I vostri atti di gentilezza, la vostra voce che sostiene i non nati e i vulnerabili, la vostra perseveranza di fronte all'ingiustizia: tutti questi sono semi del Regno di Dio. In un ciclo di notizie che può sembrare implacabile nel suo concentrarsi sulla disperazione, scegliamo di emulare il buon seminatore, impegnandoci attivamente e positivamente.
Alzando gli occhi e i cuori a Dio, facciamo eco alla supplica di Geremia, riconoscendo umilmente i nostri fallimenti e cercando la Sua grazia. "Per amore del tuo nome non ci disprezzare", gridiamo, ricordando che l'alleanza di Dio e il suo impegno nei nostri confronti resistono a ogni tempesta.
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