Le letture di oggi ci offrono una prospettiva profonda sulla misericordia di Dio, sulla distinzione tra vere profezie e false promesse e sulla forza sconfinata della fede. Nella prima lettura, tratta da Geremia, incontriamo un Dio che si riavvicina appassionatamente al suo popolo, offrendogli una speranza dopo un periodo di esilio straziante. La voce del Signore proclama: "Io sarò il Dio di tutte le tribù d'Israele ed esse saranno il mio popolo". Non si tratta di una semplice rassicurazione, ma di un'alleanza divina tra Dio e il suo popolo.
La voce profetica di Geremia è in netto contrasto con quella di Hanania, il falso profeta di cui abbiamo letto un paio di giorni fa nella nostra Liturgia della Parola, che pretendeva una rapida liberazione e una restaurazione senza affrontare la necessità di un pentimento o di un'autentica trasformazione nel cuore del popolo. Mentre Geremia parla di una ricostruzione che presuppone un viaggio attraverso il deserto - luogo di prova e di purificazione - Geremia offre una scorciatoia, una riduzione delle promesse di Dio a rassicurazioni semplicistiche e prive di sostanza. Alla fine, è la profezia di Geremia a risuonare con autenticità, parlando sia della realtà del dolore che della promessa di restaurazione.
Questo capitolo della profezia si rivolge al resto di Israele, a coloro che hanno sopportato la spada e hanno trovato il favore in mezzo alla desolazione. È un potente promemoria del fatto che la misericordia e l'amore di Dio spesso brillano di più nei nostri momenti più bui. L'immagine di Geremia è quella della ricostruzione, della danza, della gioia e di una rinnovata chiamata alla comunità: "Andiamo a Sion, al Signore, nostro Dio". Qui sta il cuore della vera profezia: racchiude la speranza di rinnovamento nella realtà della lotta.
Nel Vangelo di Matteo, l'incontro tra Gesù e la donna cananea ci offre un momento bello e impegnativo. Inizialmente, Gesù risponde alle sue suppliche sembrando prima ignorarle, poi sottolineando la priorità della sua missione verso le pecore perdute di Israele e respingendola, infine la insulta paragonandola a un "cane", un'immagine spesso usata per descrivere i non ebrei. Tuttavia, la sua risposta rivela una profonda verità sul perché Dio non risponde a tutte le preghiere così immediatamente come vorremmo. Quando chiediamo qualcosa e non ci viene dato immediatamente - soprattutto le cose serie, e possiamo certamente dire che la richiesta di questa donna per conto di sua figlia era seria - tendiamo a volte a rinunciare o a lasciarci prendere dallo scetticismo. Può persino assumere la forma estrema e irrazionale di: "Ho pregato, non c'è stata risposta, quindi Dio non esiste". Eppure, Dio potrebbe insegnarci qualche virtù importante come la pazienza o la perseveranza. Quando un allenatore permette al suo atleta di correre una distanza extra e spesso estenuante, al di là dei parametri che saranno presenti alla gara vera e propria, è solo perché sta cercando di tirare fuori il meglio dal suo atleta. Questo è ciò che Gesù stava facendo con questa donna che lui solo conosceva profondamente, meglio di chiunque altro, anzi, meglio di quanto lei conoscesse se stessa. Vide che era una donna di grande fede, aveva molto coraggio ed era eroica nel suo amore per la figlia, ma che se le avesse concesso subito la petizione, tutto questo splendore agli occhi di Dio sarebbe rimasto nascosto a tutti gli altri presenti quel giorno, che avevano davvero bisogno di una lezione sulla perseveranza. E la lezione fu impartita da questa donna. "Anche i cani mangiano gli avanzi che cadono dalla tavola dei loro padroni", proclama con coraggio. Quanto deve aver toccato gli apostoli questa scena, e il Maestro divino, il nostro Signore, è stato l'allenatore perfetto, aiutando a far emergere il meglio di lei, che altrimenti sarebbe rimasto nascosto e perso.
Questa donna incarna il tipo di fede che Geremia aveva predetto: una fede che guarda al di là delle circostanze attuali e comprende l'amore e la misericordia di Dio come sufficientemente ampi da includere tutta la creazione. La sua fede non si basava su diritti o privilegi, ma era profondamente relazionale e fondata sul riconoscimento della bontà di Dio. La risposta finale di Gesù loda la sua grande fede e afferma che la grazia di Dio che guarisce e salva non conosce confini.
Mentre riflettiamo su queste letture, ricordiamo che, come Dio ha guidato il suo popolo eletto attraverso il deserto e come il Signore ha guidato questa madre nella sua dolorosa prova, così anche noi non siamo mai soli e non dobbiamo affrontare il nostro viaggio senza assistenza e guida. La questione è se saremo o meno abbastanza umili nei momenti in cui il nostro allenatore divino ci chiederà di fare il passo più lungo della gamba. Può capitare che ci ignori, ci respinga o addirittura ci insulti... perché a volte deve insultare la nostra intelligenza quando diventa arrogante, ma alla fine sta cercando di tirare fuori il meglio da noi, i figli che tanto ama e accompagna.
Che possiamo avere il coraggio, come i santi, di accettare la sua guida, anche quando significa amare duramente, perché spesso questo è il tipo di amore più costruttivo che ci porta a molte benedizioni e grazie.
Add comment
Comments