Cari fratelli e sorelle in Cristo, il Signore vi dia pace. Mentre attraversiamo questo periodo di Quaresima, siamo invitati a riflettere profondamente sulla speranza, sul rinnovamento e sulle promesse che Dio ci riserva. Le letture di oggi illustrano magnificamente come possiamo sempre trovare speranza in Gesù, anche di fronte alla disperazione e all'incertezza.

Nella prima lettura, tratta da Isaia, Dio proclama un potente messaggio di trasformazione: “Ecco, io sto per creare nuovi cieli e una nuova terra”. Questa promessa parla di una verità fondamentale della nostra fede: Dio è continuamente impegnato nella creazione e nel rinnovamento. Isaia immagina un futuro in cui non ricorderemo più il dolore del nostro passato, in cui il suono del pianto sarà sostituito dalla gioia e dalla felicità. Immaginatelo! Un mondo in cui regna la gioia, in cui non sperimentiamo più il dolore della perdita o della sofferenza. Questa visione della nuova creazione cattura il nostro desiderio di una vita migliore, caratterizzata dalla pace e dall'appagamento, libera dai fardelli del dolore. Spesso si dice che senza l'amaro non potremmo mai apprezzare il dolce. Le prove di questa vita, in qualsiasi modo il Signore le permetta, non fanno che accrescere la beatitudine della prossima. Dio ci chiama a una felicità inimmaginabile.
Possiamo trovare conforto e forza meditando su questa promessa. Nella nostra vita, spesso affrontiamo momenti che ci sembrano opprimenti, sia che si tratti di lotte personali, di perdite o di dubbi sul futuro. Possiamo trovarci in un “deserto” di disperazione, desiderando la nuova creazione promessa da Dio. È in questi momenti, tuttavia, che dobbiamo aggrapparci alla speranza che Gesù ci offre. Il messaggio della Quaresima ci insegna a tornare a Lui, a confidare che Dio sta davvero operando tutte le cose per il nostro bene, anche quando non riusciamo a vederlo chiaramente.
Il salmo responsoriale fa eco a questo tema della liberazione divina, ricordandoci: “Ti loderò, Signore, perché mi hai salvato”. Qui vediamo un riflesso della nostra vita. Come il salmista, possiamo alzare la voce in segno di gratitudine per i modi in cui Dio è già intervenuto nelle nostre circostanze. Il salmo parla del calar della notte che porta il pianto, ma ci viene assicurato che con l'alba arriva la gioia. La speranza è spesso una pratica quotidiana: riconoscere che ciò che sembra la fine può essere solo un preludio alla gioia. Il nostro Dio, che trasforma il lutto in danza, ci invita a confidare nella sua bontà.
Nel brano del Vangelo di Giovanni, incontriamo una storia toccante che illustra l'essenza di questa speranza. Un funzionario reale si avvicina a Gesù, chiedendo disperatamente la guarigione di suo figlio che è sull'orlo della morte. Nella richiesta di quest'uomo vediamo un coraggioso atto di fede. Non ha esitato a cercare Gesù, credendo che in Lui ci fosse la speranza di salvezza. La risposta di Gesù è notevole: “Va'; tuo figlio vivrà”. Il funzionario reale crede nella parola di Gesù e, tornando a casa, apprende che suo figlio è effettivamente guarito. Immaginate la gioia di quella famiglia, di quella comunità. Celebriamo le guarigioni miracolose nella nostra comunità o le facciamo passare come guarigioni che devono essere avvenute per processi naturali? I miracoli sono intorno a noi e, dopo aver sperato nel Signore, dobbiamo gioire quando ogni tanto ce ne concede uno. Mi riferisco ai grandi miracoli fisici di guarigione, ma i grandi miracoli ci accompagnano quotidianamente: basti pensare all'aria che respiriamo e al sole che illumina le nostre giornate. Sono tutti miracoli di Dio, miracoli preziosi che segnalano il suo amore per noi e di cui possiamo sempre gioire.
Mentre affrontiamo le nostre lotte, ispiriamoci alla visione di Isaia di una nuova creazione e, mentre ci prepariamo a ricevere l'Eucaristia oggi, accostiamoci all'altare con il cuore pieno di speranza, credendo che in Gesù, che assume la sua presenza sotto il pane per essere con noi, tutte le cose sono fatte nuove. Amen.
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