Cari fratelli e sorelle in Cristo, spero che sappiate che il Signore vi ama. Rifletteremo sui profondi insegnamenti contenuti nella parabola del Figliol Prodigo raccontata da Gesù nel Vangelo di Luca. Questa parabola non solo parla della profondità dell'esperienza umana - in particolare del nostro rapporto con il peccato, l'allontanamento dalla retta via di Dio e il ritorno a casa - ma soprattutto rivela il Suo amore e la Sua misericordia senza limiti.
Nella prima lettura, tratta da Giosuè, gli israeliti che avevano vagato per anni nel deserto celebrano finalmente la Pasqua nella terra promessa. Il Signore dichiara: "Oggi ho allontanato da voi il rimprovero dell'Egitto". Questo momento cruciale segna il passaggio da una vita di vagabondaggio e vergogna a una vita di abbondanza e grazia. Allo stesso modo, nel nostro Vangelo, vediamo il Figliol Prodigo, un uomo che ha vagato lontano dal padre, sperperando i doni che gli erano stati dati, per poi arrivare a un punto di realizzazione e di pentimento.
In entrambe le letture vediamo un modello, un movimento: dalla schiavitù alla libertà, dal peccato alla riconciliazione. Questa è l'essenza del nostro cammino quaresimale: un tempo per gustare e vedere la bontà del Signore, come proclama splendidamente il Salmo responsoriale.
La richiesta del figlio minore di ricevere l'eredità mentre il padre è ancora vivo è scioccante e irrispettosa. Simboleggia la nostra tendenza a inseguire piaceri effimeri piuttosto che l'immenso amore del nostro Padre celeste. Tuttavia, il viaggio di questo figlio che sperpera tutto ciò che ha ci ricorda che spesso è nella nostra più profonda disperazione che arriviamo a riconoscere il nostro bisogno di Dio e a tornare alla sua bontà.
Sentiamo che "quando tornò in sé", il figlio decise di tornare a casa. Quante volte abbiamo deciso di "tornare a casa" dopo esserci lasciati andare a giorni di piaceri eccessivi e pericolosi. Quanto era rinfrescante la casa di nostro padre e di nostra madre? O forse è stata una situazione difficile a casa a indurci a cercare quelle fughe? In ogni caso, abbiamo vagato nelle tenebre di ciò che è considerato l'esatto contrario di una casa amorevole.
Quando il figliol prodigo si avvicina, il padre lo vede da lontano ed è pieno di compassione. Corre da lui, lo abbraccia e festeggia il suo ritorno. Questa reazione è sorprendente: i padri in quella cultura non correvano, specialmente verso un figlio ribelle. Tuttavia, l'amore di Dio non è legato alle norme o alle aspettative della società; trascende la nostra comprensione.
Questo ci porta a un insegnamento essenziale: Dio si compiace del nostro ritorno. Non importa quanto pensiamo di esserci allontanati, le sue braccia sono sempre spalancate, pronte a riceverci. In questo ci viene ricordato il messaggio di riconciliazione di cui parla San Paolo nella seconda lettura. Siamo "ambasciatori di

Cristo", con il compito di condividere questo messaggio di amore e di perdono con coloro che ci circondano.
Dobbiamo anche considerare il figlio maggiore della parabola, che rappresenta coloro che rimangono fedeli ma che lottano con sentimenti di risentimento e di diritto. Nonostante la sua fedeltà, non riesce a comprendere la profondità dell'amore del padre. Di fronte alla gioia del ritorno del fratello, si ritira con rabbia.
Questo aspetto della parabola ci interpella come comunità di fede. A volte siamo come il fratello maggiore, pronti a giudicare o non disposti a perdonare? Siamo chiamati ad abbracciare non solo il prodigo, ma anche i nostri fratelli e sorelle che potrebbero non condividere il nostro cammino di fede allo stesso modo. Così facendo, partecipiamo alla celebrazione della grazia di Dio.
Che possiamo gustare e vedere la bontà del Signore, riconoscendo che siamo sempre invitati a tornare all'abbraccio del Padre che ci ha sempre amato. Amen.
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